Abstract/Sommario: Una ragazza che non riesce a essere davvero felice per i successi della sorella; un figlio che d’improvviso fa i conti con la vecchiaia della madre; un nonno che vuole proteggere la nipotina da tutto e tutti, nei turbolenti anni Settanta argentini; un padre che fatica a comunicare con la figlia adolescente. Persone care raccoglie dieci racconti che parlano di famiglia, violenza, impulsi innominabili, desideri nascosti. Dieci racconti in cui l’inquietudine e la minaccia latente filtrano ...; [Leggi tutto...]
Una ragazza che non riesce a essere davvero felice per i successi della sorella; un figlio che d’improvviso fa i conti con la vecchiaia della madre; un nonno che vuole proteggere la nipotina da tutto e tutti, nei turbolenti anni Settanta argentini; un padre che fatica a comunicare con la figlia adolescente. Persone care raccoglie dieci racconti che parlano di famiglia, violenza, impulsi innominabili, desideri nascosti. Dieci racconti in cui l’inquietudine e la minaccia latente filtrano in modo quasi impercettibile nel quotidiano, esplodendo in piccole e intense epifanie, alle quali spesso il lettore è chiamato a dare la propria interpretazione. La scrittura di Vera Giaconi lavora sulla quotidianità come un bisturi affilato, portando allo scoperto la ferocia che cova sotto i sentimenti di ognuno di noi, illuminando istinti comuni a tutti, eppure per tutti inconfessabili. Con una prosa solida e raffinata, ci regala una galleria di situazioni e personaggi così umani, fragili e imperfetti da far male, nei quali non possiamo che trovare un po-tente e impietoso riflesso di noi stessi. (www.ibs.it)
Abstract/Sommario: "La misura del racconto è un piccolo miracolo, un luogo della letteratura dove 'piccolo' non diminuisce la quantità del miracolo ma la rende esatta. In questo libro di racconti, scritto da una lettrice di racconti, poi, ci sono altri piccoli miracoli, storie inventate e raccolte all'incrocio tra l'umano e il divino, in quel punto della strada, cioè, in cui le storie quotidiane appaiono eroiche, quelle eroiche sono naturali e il destino non è altro che una delle possibili variazioni del ...; [Leggi tutto...]
"La misura del racconto è un piccolo miracolo, un luogo della letteratura dove 'piccolo' non diminuisce la quantità del miracolo ma la rende esatta. In questo libro di racconti, scritto da una lettrice di racconti, poi, ci sono altri piccoli miracoli, storie inventate e raccolte all'incrocio tra l'umano e il divino, in quel punto della strada, cioè, in cui le storie quotidiane appaiono eroiche, quelle eroiche sono naturali e il destino non è altro che una delle possibili variazioni del caso. Lì, a guardare bene, c'è un pantheon in attesa di essere colto: nelle città, nei bar, sulla spiaggia, tra le lenzuola e durante una partita di tennis. A svelare l'intersezione basta un tradimento, subìto o inferto, da sé e dall'altro; tradisce chi non riesce o non vuole aderire alle circostanze. Qui nessuno sta dove dovrebbe stare." Valeria Parrella Tradimenti che sono essi stessi miracoli, occasioni per fermarci un momento e cogliere l'opportunità di sfuggire a noi stessi oppure di esserlo più che mai, perché nessun modello narrativo come il racconto è in grado di regalarci illuminazioni, e nessuno ci riesce come Valeria Parrella.
Abstract/Sommario: Ci sono brevi momenti, nella vita, in cui le piramidi di giorni che il tempo poco a poco costruisce attorno agli esseri umani, ingabbiandoli, perdono miracolosamente consistenza, lasciando svuotati del loro senso terribile ore e minuti, passato e futuro. È la nostalgia, o il bisogno, di quegli attimi ad accomunare i personaggi di queste dodici storie: una madre con i figli lontani e uno nuovo, adottato, che lei non sa amare; i due giovani che si salvano a vicenda dall'apatia, facendosi ...; [Leggi tutto...]
Ci sono brevi momenti, nella vita, in cui le piramidi di giorni che il tempo poco a poco costruisce attorno agli esseri umani, ingabbiandoli, perdono miracolosamente consistenza, lasciando svuotati del loro senso terribile ore e minuti, passato e futuro. È la nostalgia, o il bisogno, di quegli attimi ad accomunare i personaggi di queste dodici storie: una madre con i figli lontani e uno nuovo, adottato, che lei non sa amare; i due giovani che si salvano a vicenda dall'apatia, facendosi un dono che trascende la morte; la bambina con una madre e due padri che la amano in ugual misura; le due sorellastre che cercano di ricostruire un rapporto dopo anni di silenzi, recriminazioni e sensi di colpa; il padre che in sogno si rivede nel figlio adolescente e riesce finalmente a capirlo. "Le piramidi di giorni", Premio letterario dell'Unione europea 2019, disvela sullo sfondo della Lituania contemporanea le impronte sottili e ineffabili lasciate da ciascun rapporto umano e capaci di trascendere le leggi anguste del tempo, cogliendo quelle piccole epifanie che può creare un campo giallo di colza a giugno o il volo di due aironi al disgelo primaverile. Daina Opolskait? descrive una quotidianità fatta di dettagli minuti e intrisi di significato: il profumo di fiori impigliato al cappotto del marito che rientra a casa, un bambino che con i polpastrelli sul vetro ghiacciato scopre il mondo, le lisce piastrelle di una cucina che ricordano i sassi levigati di una spiaggia lontana. (books.google.it)
Abstract/Sommario: tanno in queste pagine bambini coraggiosi, che evocano mostri come lo Striglio per combattere ingiustizie, e bambine immaginifiche che hanno tanto letto da poter domare "Le tigri di Mompracem" e trascorrere il pomeriggio con Heathcliff a "Cime tempestose". C'è una bambina che accompagna il padre al mare e lo vede illuminarsi per l'incontro con una donna che è un suo vecchio amore. E una madre che si arrende al figlio che cresce e non vuole più essere baciato perché tutto, in fondo, com ...; [Leggi tutto...]
tanno in queste pagine bambini coraggiosi, che evocano mostri come lo Striglio per combattere ingiustizie, e bambine immaginifiche che hanno tanto letto da poter domare "Le tigri di Mompracem" e trascorrere il pomeriggio con Heathcliff a "Cime tempestose". C'è una bambina che accompagna il padre al mare e lo vede illuminarsi per l'incontro con una donna che è un suo vecchio amore. E una madre che si arrende al figlio che cresce e non vuole più essere baciato perché tutto, in fondo, comincia sempre con la fine dei baci. C'è un altro bambino, già quasi un ragazzo, che è l'unico che sa arrampicarsi su uno scoglio e da quello, in mezzo al mare, come su un solitario cammello nel deserto, vede allontanarsi la ragazza che gli piaceva, e gli piaceva perché lei, l'unica, non temeva vespe, formiche e bombi, e questo coraggio li univa come l'amore. Ci siamo noi in queste pagine, piccoli piccoli, fragili e fortissimi, in bilico tra la memoria di ciò che siamo stati, la nostalgia di ciò che avremmo potuto essere, e la tenerezza per ciò che siamo. Beatrice Masini - funambolo serio e scanzonato, dolce e feroce, in bilico, come l'infanzia - ci racconta un mondo, il nostro, prima che l'età adulta lo spiegasse con mezze voci, mezze stagioni e religioni che prevedono confessione. In questi racconti c'è l'infanzia per la quale la vita è un'avventura che non deve per forza finire bene o un viaggio che non sempre contempla il ritorno. Ci sono fuoco, acqua, vento e aria. E c'è tutto quel tempo che, da bambini, ci insegna a sentirci immortali fino a prova contraria. (ibs.it)
Abstract/Sommario: Il primo racconto si apre sul cadavere di un'anziana prostituta che sembra una mascherata, «buttato lì come una vecchia bambola rotta; era perfino difficile provare pietà; tutto era così grottesco». È così che inizia anche negli altri racconti: un cadavere indefinibile, che adombra l'enigma di una realtà irreale, inverosimile, su cui si focalizza subito la procedura dell'indagine; decifrato il cadavere, poi a poco a poco si aprono squarci su ambienti al contrario apparentemente normali ...; [Leggi tutto...]
Il primo racconto si apre sul cadavere di un'anziana prostituta che sembra una mascherata, «buttato lì come una vecchia bambola rotta; era perfino difficile provare pietà; tutto era così grottesco». È così che inizia anche negli altri racconti: un cadavere indefinibile, che adombra l'enigma di una realtà irreale, inverosimile, su cui si focalizza subito la procedura dell'indagine; decifrato il cadavere, poi a poco a poco si aprono squarci su ambienti al contrario apparentemente normali, famiglie ben messe, individui irreprensibili, vite tranquille. Racconta in prima persona Petra Delicado della polizia di Barcellona. E il modo in cui Petra parla e riferisce il suo procedere di poliziotta disegna, senza esplicite descrizioni, il personaggio: dall'antipatia che non nasconde per ogni cliché formale e beneducato, affiora il suo passato femminista e la gioventù radicale; dagli scambi fuori dai convenevoli con il suo vice Fermín Garzón, che punteggiano il loro ménage professionale, emerge il suo graffiante umorismo; dai silenzi al cospetto delle vittime, o di fronte ai motivi umani e disumani dei colpevoli fino a un minuto prima insospettabili, s'intuisce che è una donna sinceramente compassionevole, anche se l'instancabile tenacia nel tirare dritto la arruola da investigatrice donna nella scuola dei duri. La sua spalla Fermín, un alter ego, un Sancho Panza, un Watson, rappresenta l'immagine contraria di lei: il suo bofonchiare e obiettare, questa mano di commedia latina distesa su un poliziesco da giungla d'asfalto, nasce anche dal sospetto segreto, che certe volte sembra nutrire Fermín, che il proprio capo sia forse appena appena una poco di buono. (www.ibs.it)