Abstract/Sommario: L'idea che la fotografia possa essere considerata un linguaggio è talmente diffusa che non ci facciamo neanche più caso, certi che quella miriade di immagini che scattiamo e guardiamo abbia a che fare con la nostra capacità di comunicare. Difficilmente quindi ci soffermiamo a riflettere su cosa ciò comporti, a chiederci "come" essa significhi, più di "cosa" voglia dire. È proprio di questo che parla il libro: utilizzando la semiotica contemporanea, scienza che studia i diversi sistemi ...; [Leggi tutto...]
L'idea che la fotografia possa essere considerata un linguaggio è talmente diffusa che non ci facciamo neanche più caso, certi che quella miriade di immagini che scattiamo e guardiamo abbia a che fare con la nostra capacità di comunicare. Difficilmente quindi ci soffermiamo a riflettere su cosa ciò comporti, a chiederci "come" essa significhi, più di "cosa" voglia dire. È proprio di questo che parla il libro: utilizzando la semiotica contemporanea, scienza che studia i diversi sistemi di significazione, mira a ricostruire i meccanismi che caratterizzano la fotografia in quanto fenomeno di produzione di senso. Si scopre allora, fra l'altro, che non si tratta di un unico linguaggio ma di tanti, e che l'attività semiotica che riguarda la fotografia comincia molto prima della visione, quando ci si mette in mano un apparecchio progettato per fare di un uomo un fotografo. (www.ibs.it)
Abstract/Sommario: Già i pittori offrivano al vasto pubblico immagini decisive della storia: ma, prima di dipingere una battaglia, si informavano su chi l'aveva vinta. L'invenzione fotografica fu invece salutata come l'avvento dell'informazione obiettiva. I cronisti possono mentire, gli scatti sul campo dovrebbero riprodurre la realtà. Eppure, la ricostruzione storica dimostra che le foto piú famose sono spesso il risultato di artifizi. La nuova tecnica, nata per aiutare il vero, scivola al servizio dell ...; [Leggi tutto...]
Già i pittori offrivano al vasto pubblico immagini decisive della storia: ma, prima di dipingere una battaglia, si informavano su chi l'aveva vinta. L'invenzione fotografica fu invece salutata come l'avvento dell'informazione obiettiva. I cronisti possono mentire, gli scatti sul campo dovrebbero riprodurre la realtà. Eppure, la ricostruzione storica dimostra che le foto piú famose sono spesso il risultato di artifizi. La nuova tecnica, nata per aiutare il vero, scivola al servizio della propaganda, alleandosi al falso. La parabola della fotografia riassume quindi in icone una degenerazione dei mass-media. Il libro di Zoja discute otto fotografie celebri. Le quattro che rappresentano "guerrieri" provengono da messe in scena. Possiamo invece credere alle altre quattro: riproducono dei bambini, che ignorano finalità nascoste. Questa rassegna anticipa il problema della post-verità, analizza la psicologia retrostante e offre strumenti per capirla. (www.ibs.it)